Premesso che la richiesta di usufruire dei benefici ex L. 104/92 per l’assistenza a persona disabile va rinnovata annualmente, si porta a conoscenza del personale interessato la disciplina dei permessi per l’assistenza ai portatori di handicap in situazione di gravità, con le innovazioni derivanti dalle ultime norme in materia.
1. LAVORATORI LEGITTIMATI A FRUIRE DEI PERMESSI
Secondo la vigente disposizione, in assenza di ricovero [1] della persona con handicap grave da assistere, possono fruire dei tre giorni di permesso mensile retribuiti e coperti da contributi:
1. il genitore;
2. il coniuge;
3. il parente o l’affine entro il secondo grado (parenti: genitori, nonni, fratelli e sorelle, nipoti figli dei figli; affini: suocero, nuora, genero, cognati).
A determinate condizioni, la disposizione prevede di allargare la cerchia dei famigliari legittimati a fruire dei permessi, ad un solo lavoratore dipendente appartenente al terzo grado di parentela o affinità.
I parenti entro il terzo grado sono: bisnonni, zii, nipoti (figli di fratelli o sorelle), pronipoti in linea retta. Gli affini entro il terzo grado sono: zii acquisiti, nipoti acquisiti.
I parenti e/o affini di terzo grado possono fruire dei permessi in parola solo ad una delle seguenti condizioni:
a) quando i genitori o il coniuge della persona con handicap siano deceduti o mancanti;
b) quando i genitori o il coniuge della persona con handicap abbiano compiuto i 65 anni, oppure siano affetti da patologie invalidanti.
Oltre alle situazioni di assenza naturale e giuridica in senso stretto (decesso, celibato o
stato di figlio naturale non riconosciuto), vengono riconosciute anche le situazioni che
abbiano carattere certo e stabile, quali il divorzio, la separazione legale e l’abbandono,
risultanti da documentazione dell’autorità giudiziaria o di altra pubblica autorità.
Non vengono più richiamati i requisiti di assistenza esclusiva e continuativa.
2. GENITORI CHE ASSISTONO UN FIGLIO IN SITUAZIONE DI HANDICAP GRAVE
I permessi vengono riconosciuti “ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente, anche in maniera continuativa, nell’ambito del mese”.
Nel caso che il figlio con handicap in situazione di gravità abbia meno di tre anni, restano invariate le disposizioni precedenti (due ore di permesso giornaliero o prolungamento dell’astensione facoltativa fino al compimento del terzo anno).
3. SEDE DI SERVIZIO
Il riferimento è il domicilio della persona disabile da assistere, e non più quella dello stesso lavoratore.
4. PATOLOGIE INVALIDANTI
In relazione alle cosiddette “patologie invalidanti”, in mancanza di una loro definizione legislativa, il riferimento per la loro individuazione è il D.I. n. 278 del 21 luglio 2000, che ha disciplinato le ipotesi in cui è possibile accordare il congedo per gravi motivi di cui all’art. 4 comma 2, della L.53 del 2000. [2]
L’assistenza potrà essere prestata anche da parenti e affini entro il terzo grado. Ai fini del riconoscimento del beneficio dei permessi, dette situazioni dovranno essere tutte ampiamente documentate.
5. INDIVIDUAZIONE DI UN REFERENTE UNICO
I permessi possono essere accordati ad un unico lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità.
In base a tale disposizione, viene individuato un unico referente, per ciascun disabile, che si dedichi alle sue cure in maniera esclusiva.
In presenza di più persone in situazione di gravità, non è preclusa la possibilità.
Tale circostanza dovrà essere ben valutata dal dipendente che intende fruire dei permessi, in considerazione del notevole disagio che una tale situazione potrebbe arrecare sia all’attività di assistenza che, se prestata nei confronti di più famigliari, potrebbe risultare non soddisfacente, sia all’attività amministrativa in considerazione delle assenze frequenti e protratte del lavoratore stesso.
Il dipendente, all’atto della presentazione della domanda, ha l’onere di dichiarare la sussistenza di tali presupposti confidando nella sua esclusiva valutazione e nel suo buonsenso.
6. GENITORI CHE ASSISTONO UN FIGLIO IN SITUAZIONE DI HANDICAP GRAVE
La già prevista possibilità di fruire di tre anni di congedo retribuito è utilizzabile fino al compimento dell’ottavo anno di età del bambino, se non ricoverato in istituto specializzato. Nel computo dei tre anni sono inclusi anche i congedi parentali concessi alla generalità dei genitori (fino ad 11 mesi totali se a fruirne sono entrambi) a prescindere dalla disabilità del figlio. Questo congedo – che può essere continuativo o frazionato – è relativo a ciascun figlio con disabilità, può essere fruito alternativamente da ciascun genitore, ma è incompatibile con la contemporanea fruizione dei permessi lavorativi (art. 33 della Legge 104/1992). Resta in vigore l’opportunità (art. 42, comma 1, D. Lgs. 151/2001) di fruire, in alternativa al congedo, delle due ore di permesso giornaliere, ammessa tuttavia solo fino al terzo anno di età del bambino.
7. ASSISTENZA LONTANA DAL DOMICILIO
Il nuovo Decreto impone che il lavoratore che usufruisce dei permessi “per assistere persona in situazione di handicap grave, residente in comune situato a distanza stradale superiore a 150 Km rispetto a quello di residenza del lavoratore, attesta con titolo di viaggio, o altra documentazione idonea, il raggiungimento del luogo di residenza dell’assistito”.
Nella sostanza, bisognerà provare di essersi effettivamente recati – nei giorni di fruizione dei permessi – presso il domicilio del familiare da assistere.
8. CONGEDI
L’ordine di priorità per l’accesso ai congedi è: coniuge, genitori, figli, fratelli e sorelle. Rimane ferma la condizione dell’assenza di ricovero. Il primo beneficiario è, quindi, il coniuge convivente con la persona gravemente disabile.
In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, ha diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi (anche se non conviventi con il figlio). Da rilevare che, diversamente dalla disciplina sui permessi, in questi casi non viene previsto alcun limite di età di chi dovrebbe assistere il disabile.
In caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi. Se anche i figli conviventi sono deceduti, mancanti o invalidi, il beneficio passa ai fratelli o alle sorelle conviventi.
Per quanto riguarda i genitori, il congedo può essere fruito anche quando uno dei due non sia un lavoratore, oppure sia un lavoratore autonomo (che quindi non può accedere a questi benefici). In tutti gli altri casi, questa eccezione non è ammessa. Quindi, nel caso in cui un disabile conviva con la moglie casalinga, il congedo non può essere concesso, ad esempio, al figlio convivente, a meno che la madre non sia essa stessa affetta da patologie invalidanti.
Anche il congedo, come già i permessi di cui all’art. 33, comma 3, della Legge 104/1992, non può essere riconosciuto a più di un lavoratore per l’assistenza alla stessa persona. Al contrario, per l’assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, i diritti sono riconosciuti ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente, ma nello stesso periodo l’altro genitore non può fruire dei permessi ex art. 33 della Legge 104 né del congedo parentale di tre anni concesso fino all’ottavo anno di vita.
Durante il periodo di congedo, il lavoratore ha diritto a percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento. Il periodo medesimo è coperto da contribuzione figurativa. L’indennità e la contribuzione figurativa spettano fino a un importo complessivo massimo di euro 43.579,06 annui per il congedo di durata annuale, importo che viene rivalutato di anno in anno tenendo conto degli indicatori ISTAT.
9. ONERI DEL DIPENDENTE INTERESSATO ALLA FRUIZIONE DELLE AGEVOLAZIONI
L'interessato è tenuto a certificare, attraverso idonea documentazione ovvero attraverso apposite dichiarazioni sostitutive, rese ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. n. 445 del 2000 ("Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa"), la sussistenza delle condizioni che legittimano la fruizione delle agevolazioni.
A corredo e ad integrazione dell'istanza, che deve essere rinnovata ogni anno, le SSLL interessate devono aggiornare la documentazione ai sensi della l. 183/2010, ovvero devono produrre dichiarazione sottoscritta di responsabilità e consapevolezza dalla quale risulti che:
- il dipendente presta assistenza nei confronti del disabile per il quale sono chieste le agevolazioni ovvero il dipendente necessita delle agevolazioni per le necessità legate alla propria situazione di disabilità;
- il dipendente è consapevole che le agevolazioni sono uno strumento di assistenza del disabile e, pertanto, il riconoscimento delle agevolazioni stesse comporta la conferma dell'impegno - morale oltre che giuridico - a prestare effettivamente la propria opera di assistenza;
- il dipendente è consapevole che la possibilità di fruire delle agevolazioni comporta un onere per l'amministrazione e un impegno di spesa pubblica che lo Stato e la collettività sopportano solo per l'effettiva tutela del disabile;
- il dipendente si impegna a comunicare tempestivamente ogni variazione della situazione di fatto e di diritto da cui consegua la perdita della legittimazione alle agevolazioni.
A seguito dell'accoglimento della domanda da parte dell'amministrazione, il dipendente dovrà comunicare tempestivamente il mutamento o la cessazione della situazione di fatto e di diritto che comporta il venir meno della titolarità dei benefici e dovrà aggiornare la documentazione prodotta a supporto dell'istanza quando ciò si renda necessario, anche a seguito di richiesta dell'amministrazione.
Si rammentano le norme contenute nell'art. 55 quater, comma 1, lett. a), che nell'ipotesi di giustificazione dell'assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa prevede la comminazione del licenziamento, e nell'art. 55 quinquies, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, che, per la stessa ipotesi, prevedono la reclusione e la multa, oltre all'obbligo del risarcimento del danno patrimoniale e del danno all'immagine subiti dall'amministrazione.
Si ricorda, altresì, che la circolare 13/2010 F.P. ultimo comma art 7, prevede "salvo dimostrate situazioni di urgenza per la fruizione dei permessi, l'interessato dovrà comunicare al dirigente competente le assenze dal servizio con congruo anticipo, se possibile con riferimento all'intero arco temporale del mese, al fine di consentire la migliore organizzazione dell'attività amministrativa". A riguardo questo Ufficio individua il congruo anticipo in almeno gg.3.
10. FRUIZIONE DEI PERMESSI A ORE
Il contratto 2007 del comparto Scuola non prevede la possibilità di frazionare la fruizione dei permessi ad ore nel limite di 18 ore. Tuttavia, il Ministero del lavoro si è espresso in senso favorevole alla fruizione frazionata dei permessi nel settore pubblico e privato, recepito dall’INPS. Applicando un algoritmo di calcolo, ne consegue:
- il personale ATA con 36 ore di orario di lavoro settimanale, potrà fruire di 18 ore di permesso mensile se l’orario è articolato su sei giorni lavorativi, di 21,6 ore se articolato su 5 giorni;
- il personale docente con servizio settimanale di 18 ore, potrà fruire di 9 ore di permesso mensile.
La fruizione frazionata non è compatibile con la fruizione dei tre giorni interi.
11. DOVERI DELL’AMMINISTRAZIONE
L'amministrazione procederà alla verifica delle dichiarazioni sostitutive.
La verifica sarà svolta periodicamente, anche a campione.
Nel caso in cui dall'accertamento risultasse l'insussistenza dei presupposti per la legittima fruizione dei permessi, l'amministrazione provvederà a revocare i benefici per effetto della decadenza.
Naturalmente, ove nell'ambito o a seguito degli accertamenti emergessero gli estremi di una responsabilità disciplinare del dipendente, l'amministrazione procederà alla tempestiva contestazione degli addebiti per lo svolgimento del relativo procedimento e, se del caso, alla comunicazione alle autorità competenti delle ipotesi di reato.
Ogni amministrazione dovrà procedere a riesaminare i provvedimenti di assenso già adottati al fine di verificare la sussistenza delle condizioni previste. In caso di insussistenza dei requisiti, salvo tempestiva integrazione della documentazione prodotta in passato da parte dell'interessato, l'atto di assenso dovrà essere revocato e le agevolazioni non potranno essere più accordate per effetto della decadenza. Naturalmente, il dipendente che si trovi nella condizione di poter fruire dei permessi a diverso titolo in base alla nuova disciplina avrà l'onere di produrre una nuova istanza accompagnata dalla documentazione di supporto.
12. BANCA DATI
L’Amministrazione ha l’obbligo della comunicazione al Dipartimento Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, entro il 31 marzo di ogni anno, di una serie di informazioni in merito ai permessi autorizzati. Il modulo prestampato, da compilare a cura del personale beneficiario dei permessi, sarà consegnato entro il 10 marzo di ogni anno e richiede, tra l’altro, la rendicontazione DELLE GIORNATE FRUITE NELL’ANNO SOLARE, suddivise mese per mese. La Segreteria provvederà all’inoltro telematico.
In Segreteria è disponibile la modulistica per la richiesta del beneficio (obbligatoria) e l’eventuale modulistica da integrare a corredo della documentazione già presentata.
[1] Per ricovero a tempo pieno si intende il ricovero per le intere 24 ore, in strutture ospedaliere o comunque in strutture pubbliche o private che assicurano assistenza sanitaria, ad eccezione delle seguenti circostanze:
- Interruzione del ricovero per necessità del disabile di recarsi fuori dalla struttura per effettuare visite o terapie;
- Ricovero a tempo pieno di un disabile in coma vigile e/o stato terminale;
- Ricovero a tempo pieno di minore per il quale risulti documentato dai sanitari della struttura il bisogno di assistenza da parte di un genitore o di un famigliare.
Le situazioni sopra descritte dovranno risultare da idonea documentazione medica che l’amministrazione è tenuta a valutare.
[2] In particolare, si tratta delle: “1) patologie acute e croniche che determinano temporanea o permanente riduzione o perdita dell’autonomia personale, ivi incluse le affezioni croniche di natura congenita, reumatica, neoplastica, infettiva, dismetabolica, post-traumatica, neurologica, neuromuscolare, psichiatrica, derivanti da dipendenze, a carattere evolutivo o soggette a riacutizzazioni periodiche; 2) patologie acute o croniche che richiedono assistenza continuativa o frequenti monitoraggi clinici, amato chimici e strumentali; 3) patologie acute o croniche che richiedono la partecipazione attiva del familiare nel trattamento sanitario”.